Intervista a Gabriele Del Grande, Fondatore di Fortress Europe

Migranti solo andata

Di Flore Murard-Yovanovitch. Foto di Raffaele Brustia

A quanto ammonta oggi il numero delle vittime della frontiera nel Mediterraneo e approssimativamente la percentuale dovuta ai respingimenti e alla politica di esternalizzazione delle frontiere EU, sempre che una tale stima sia possibile?

Nessuno può dirlo. I respingimenti e i contemporanei arresti a Tripoli di chi gestiva gli imbarchi, hanno di fatto azzerato le partenze dalla Libia, per ora. Il che ha reso tutto meno visibile e nessuna sa di preciso. A Tripoli, centinaia di eritrei e di somali vivono nelle periferie, sperando di partire prima o poi, montando i turni di guardia ogni notte per paura di essere arrestati durante le retate della polizia porta a porta nei quartieri popolari della capitale. Intanto, a sud la gente continua comunque a partire, si parte per l’avventura anche senza certezze; nel deserto continuano gli incidenti, senza parlare di quanto accade in Libia. Ma mentre le frontiere marittime spagnola e italiana sono chiuse di fatto, i flussi si sono spostati lungo quella turco-greca, dove l’anno scorso sono aumentati gli arrivi e dove i morti si contano ogni giorno, meno in mare, molti invece sul fiume Evros (lungo la frontiera terrestre tra i due Stati).

Come spieghi che l’Europa scelga di affidare il controllo delle sue frontiere alla Libia, cioè a uno Stato che non ha firmato la Convenzione di Ginevra e nessun’altra convenzione internazionale
umanitaria?

L’Europa se ne infischia delle Convenzioni e la Libia è abilissima nelle negoziazioni. Sullo stesso piatto ci sono i contratti per le forniture del gas all’Italia, le golosissime commesse commerciali per la ricostruzione di Tripoli, gli investimenti dei capitali libici nelle banche italiane e lo “shopping” di armamenti militari del colonnello tra Roma e Parigi. Per “rassicurare”, l’Europa insiste sulla firma della Convenzione di Ginevra sull’asilo politico e probabilmente la Libia firmerà. Ma non mi rassicura affatto. Punto uno: Paesi come il Marocco o l’Egitto hanno firmato la convenzione, ma essa non ha mai impedito e non impedisce alle loro polizie di frontiera di uccidere a fucilate chi passa il confine (mi riferisco ai 14 morti di Ceuta e Melilla nel 2005 e alla cinquantina di vittime lungo il confine tra Egitto e Israele sul Sinai degli ultimi tre
anni). Punto secondo: non tutte le persone che arrivavano a Lampedusa sono rifugiati. Il problema è ben più vasto. Cosa diciamo a uno ragazzo etiope partito per cercare lavoro a Milano? Siccome non è un perseguitato politico lo lasciamo marcire in cella per due o tre anni? Chi sceglie chi si salva e chi no?

Cosa pensi del recente “EU-Libya Framework Agreement, in particolare a proposito della cooperazione sulla migrazione cosiddetta irregolare?

E’ molto preoccupante. Per la “logica” per cui si genera un problema a monte, chiudendo le frontiere, e lo si risolve a valle dispiegando dispositivi militari e cooperando con le polizie di Stati come la Libia. Perché l’Europa non investe gli stessi soldi in progetti di mobilità? Perché non ci inventiamo l’”Erasmus del Mediterraneo”, non sperimentiamo la libertà di circolazione in alcune aeree nel Mediterraneo, come si è fatto con l’Europa orientale? Che fine hanno
fatto i milioni di polacchi bulgari e rumeni che dovevano “invadere” l’Italia dal primo gennaio 2007 quando la frontiera è stata aperta?

Ma “Funziona” la gestione dei flussi migratori e la tutela dei diritti dei migranti nello Stato libico? L’Europa non si rende complice di violazioni dei diritti umani nella cooperazione con la Libia?

Sì “funziona”. I numeri sono numeri. Ed essi dicono che gli sbarchi a Lampedusa e in Sicilia, esclusa qualche barca partita dalla Tunisia o dall’Egitto, sono di fatto azzerati. Ma il punto è ancora un altro. Bisogna allargare la prospettiva, anzi “rimpicciolirla”: guardiamo al
mondo come se fosse una città. C’è un quartiere povero da dove ogni mattina i disoccupati vanno in cerca di lavoro nei quartieri ricchi. I ricchi si stufano di vedere gli straccioni nel quartiere e spiegano l’esercito intorno alla baraccopoli perché nessuno possa uscire. Dopo una settimana, centinaia di arresti e qualche morto ammazzato, non ci sono più ingressi nei quartieri chic. L’accordo funziona? Sì, ma solo se si guarda le cose dalla parte del quartiere benestante. L’Europa non soltanto è complice, è pure ipocrita, dicendo che “tutto va bene”, quando nessuno, salvo pochi parlamentari, ha il coraggio di dire la verità.

Perché l’Europa è diventata una “fortezza” illusa di fermare i cosiddetti “flussi”?

Per il motivo di sopra, gli poveri hanno scoperto che esiste un modo per “riscattarsi” e consiste nel viaggiare verso le terre dove si trovano le ricchezze. E fa comodo all’Europa che ha bisogno di manodopera a basso costo per sostenere il proprio sistema economico, oltre che di un’iniezione di giovane generazioni per pagare i contributi e le pensioni… Però vuole gestire gli uomini come le merci. Si fa un saldo, si decide quanti importarne e si importano, come banane o automobili. Per questo chi viaggia senza documenti, rifugiato o meno, compie una specie di “azione politica” rompendo quello schema. Si riprende il diritto di viaggiare e di decidere dove abitare. Cosa
che oggi è concessa soltanto ai cittadini dei paesi più ricchi in aerei in giro per il mondo, mentre nei mari sotto di loro tanta gente muore per quello stesso viaggio…

Quale sarebbe il ruolo di ogni cittadino europeo “attivo” nel contrastare questa involuzione e tentare di “riaprire” l’Europa al concetto di asilo?

Ci sono mille cose da fare e mille realtà già attive. Perché l’Europa una terra paradossale. E’ sia la terra dei respingimenti, della militarizzazione delle frontiere, ma anche la terra delle libertà, per
ora almeno. Ogni città è organizzata in un’alternativa resistente. Nel villaggio globale, l’unico antidoto a politiche che generano povertà, ingiustizie e guerre è il contrordine “libertà di circolazione”. Un esempio solo: se i 4 milioni di profughi iracheni fuggiti dalle bombe di Bush & co, fossero scesi direttamente dall’aereo nel cuore di Londra e New York, anziché fermarsi in Siria, Giordania o nei campi profughi in Iraq, siamo davvero certi che i nostri governi avrebbero
sostenuto quella guerra ?